Ieri, 25 novembre, è stata la giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, e noi a una donna incredibile, creativa e impavida vogliamo dedicare il post di oggi: Yayoi Kusama.
Artista poliedrica giapponese, famosa per la vasta produzione di pois, performance di liberazione sessuale post sessantottine, zucche e specchi, lascia il Giappone giovanissima, nel 1957, per lanciare una mostra personale in America, presso la Zoe Dusanne Gallery di Seattle, e poi vola a New York dove cercare di raggiungere il suo sogno: essere riconosciuta dalla scena artistica mondiale.
Sono anni durissimi, di lavoro giorno e notte, di rifiuti continui, fame, stress e solida ostinazione. Nonostante i suoi numerosi crolli nervosi nel 1959 ce la fa: inaugura presso la Brata Gallery di New York la sua prima personale intitolata “Obsessional Monochrome”. La mostra ha un enorme successo, e molte sono le riviste d’arte che la elogiano e le gallerie che se la contendono. Quattro mesi dopo espone alla Gres Gallery di Washington DC la mostra “Infinity Nest”, anche questa un successo di pubblico e critica.
Dal 1962 Yayoi Kusama comincia ad esplorare quella che chiama “l’arte psicosomatica”: ovvero il riproporre ossessivamente un elemento spingendolo fino al punto estremo di annullarlo. Questo succede anche con i pois “che vengono applicati in tutto il corpo e poi su tutto lo sfondo. Io sono il negativo, i pois sono il positivo, e negativo e positivo diventano tutt’uno. In quel momento avviene l’obliterazione”. Da questa nuova sperimentazione nasce la dimensione tridimensionale del suo lavoro, che porta alla nascita della prima “Infinity Mirror Room”, tenutasi alla Castellane Gallery nel 1965. Posizionando specchi in tutte le pareti e ricoprendo il pavimento di falli a pois, Kusama gioca con i riflessi e produce un infinito spazio invaso da simboli erotici.
Nel 1966 partecipa non ufficialmente alla Biennale di Venezia, istallando 1500 sfere specchianti proprio davanti al Padiglione Italia, con il cartello “Your Narcisism for Sale”. Vendette poi le sfere agli spettatori, a mille lire ognuna.
Dal 1975 ritorna in Giappone, trasferendosi a vivere nell’ospedale psichiatrico di Seiwa, ma continua a lavorare in uno studio subito fuori dall’ospedale. Partecipa alla Biennale di Venezia dove finisce nei guai con la polizia perché invade uno spazio di sfere che poi rivende agli spettatori a mille lire l’una. Inaugura il suo museo personale nel 2017 e dal 2010 comincia una collaborazione con la maison Louis Vuitton: Marc Jacobs le commissiona una collezione speciale per l’inaugurazione di una mostra a New York, Whitney Museum of American Art.
Torna a Venezia altre due volte, tra cui nel 1993 rappresentando il Giappone con venti opere, tra cui “Mirror Room” (pumpkin), Shooting Stars e Infinity Flowers Petals.
La zucca è un elemento ricorrente nell’arte di Yayoi Kusama che afferma che la sua fascinazione per questo vegetale risale alla sua infanzia. Dice che le zucche sono simpatiche e danno l’impressione di una solida spiritualità.
L’opera d’arte di questa geniale artista che abbiamo voluto esporre alla Domi Gallery è proprio un compendio di due elementi iconoci: una zucca rossa decorata a pois bianchi.
«La chiave del successo della sua arte è la capacità di arrivare a tutti: dai bambini ai nonni. Ma non solo, credo che la sua popolarità derivi dal fatto che Kusama rappresenta le criticità del contemporaneo: è un’artista donna che è dovuta emigrare dal Giappone a New York, confrontandosi con l’ambiente dell’arte che in quegli anni era estremamente maschilista, ma è riuscita a farcela», spiega Stefano Raimondi.
Oltre che alla Domi Gallery, fino a Marzo 2023 potete trovare una mostra dedicata a Yayoi Kusama, contenente una delle sue Infinity Room nel palazzo della Regione di Bergamo. Non perdetevela!